Parole di vita

Parole di vita (45)

Testi della liturgia del giorno, della liturgia delle ore, santo del giorno sono visibili sul sito www.chiesacattolica.it/liturgia_del_giorno/

CONVERSIONE NELLA QUOTIDIANITÀ

 Tra le varie “perle di saggezza”, che in questi mesi mi vengono offerte ascoltando molti di voi, c’è il consiglio di non aggiungere ulteriori programmi pastorali a quelli già esistenti, che richiedono, piuttosto, di essere conosciuti, apprezzati e approfonditi.

Ecco allora l’elogio della “pastorale ordinaria”, che utilizza gli orientamenti dell’anno liturgico come la via maestra per la formazione del discepolo-missionario e come alimento indispensabile per la vita della Comunità cristiana, a partire dalle nostre parrocchie e oltre.

La Quaresima che inizia esprime in modo compiuto il progetto di vita che la Chiesa mette a disposizione di tutti. È tempo favorevole e prezioso per ravvivare in noi il dono del Battesimo, tesoro di grazia che ci permette di crescere come discepoli del Crocifisso-Risorto, di incamminarci con Lui lungo la via della Croce, che è scuola del dono di sé, manifestazione piena dell’Amore.

La Quaresima è il momento più adatto per l’ascolto della Parola di Dio, soprattutto le letture proposte di domenica in domenica in questo anno A, particolarmente utili per riscoprire la grazia battesimale, che ci rende figli consapevoli di Dio e fratelli di Colui che ci ha amato e ha donato tutto se stesso per noi, insegnandoci così a fare spazio al principio di gratuità come espressione concreta della fraternità, aperta a tutti. La Parola di Dio, meditata e assimilata, deve generare in noi la preghiera, perché in questo tempo santo il Signore ci assista nel faticoso impegno del rinnovamento del cuore (conversione), che ci trasforma in uomini e donne capaci di gesti di solidarietà, di accoglienza e di condivisione.

È utile proporsi qualche segno concreto (possibilmente quotidiano!) per allenarsi a vivere come il  Signore, rinunciando così a pensare esclusivamente al proprio tornaconto e a considerarsi al centro del mondo. Un giusto distacco da sé (digiuno) conduce a orientarsi verso gli altri, accolti come fratelli per i quali Cristo non ha esitato a donarsi mediante il suo sacrificio. Non mancano in famiglia, tra le famiglie, nelle comunità, persone di cui prendersi amorevolmente cura, situazioni umane complesse, dentro le quali urge la presenza attiva di persone amiche, così da riattivare il cuore di quanti si sentono soli e rifiutati. L’apertura alle Chiese di missione, come è nostra tradizione nel tempo di Quaresima, ci aiuterà a dilatare gli spazi del cuore e a respirare un clima di Chiesa la cui ricchezza risplende per i doni dello Spirito che ogni Chiesa sorella dona e riceve allo stesso tempo.

L’uomo nuovo frutto della conversione quaresimale, riconciliato con se stesso e con gli altri, ha il cuore lieto perché è abitato da Dio, che è la fonte stessa della gioia. È il cammino penitenziale della Quaresima, finalizzato a spalancare la porta della vera gioia, segno inequivocabile della presenza dello Spirito in noi.

In questo tempo di grazia, vi accompagno con la mia preghiera e la mia benedizione: il vostro

+ vescovo Oscar

p.s. Consiglio in questo tempo di Quaresima di riprendere e meditare, personalmente e in gruppo, l’esortazione di Papa Francesco “Evangelii Gaudium”, utile per una conversione, non solo pastorale, ma prima ancora esistenziale.

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 50.ma Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2017 sul tema: La nonviolenza: stile di una politica per la pace:

Messaggio del Santo Padre

La nonviolenza: stile di una politica per la pace

1. All’inizio di questo nuovo anno porgo i miei sinceri auguri di pace ai popoli e alle nazioni del mondo, ai Capi di Stato e di Governo, nonché ai responsabili delle comunità religiose e delle varie espressioni della società civile. Auguro pace ad ogni uomo, donna, bambino e bambina e prego affinché l’immagine e la somiglianza di Dio in ogni persona ci consentano di riconoscerci a vicenda come doni sacri dotati di una dignità immensa. Soprattutto nelle situazioni di conflitto, rispettiamo questa «dignità più profonda»1 e facciamo della nonviolenza attiva il nostro stile di vita.

Questo è il Messaggio per la 50ª Giornata Mondiale della Pace. Nel primo, il beato Papa Paolo VI si rivolse a tutti i popoli, non solo ai cattolici, con parole inequivocabili: «E’ finalmente emerso chiarissimo che la pace è l’unica e vera linea dell’umano progresso (non le tensioni di ambiziosi nazionalismi, non le conquiste violente, non le repressioni apportatrici di falso ordine civile)». Metteva in guardia dal «pericolo di credere che le controversie internazionali non siano risolvibili per le vie della ragione, cioè delle trattative fondate sul diritto, la giustizia, l’equità, ma solo per quelle delle forze deterrenti e micidiali». Al contrario, citando la Pacem in terris del suo predecessore san Giovanni XXIII, esaltava «il senso e l’amore della pace fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà, sull’amore».2 Colpisce l’attualità di queste parole, che oggi non sono meno importanti e pressanti di cinquant’anni fa.

In questa occasione desidero soffermarmi sulla nonviolenza come stile di una politica di pace e chiedo a Dio di aiutare tutti noi ad attingere alla nonviolenza nelle profondità dei nostri sentimenti e valori personali. Che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali. Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta, le vittime della violenza possono essere i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale, possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme.

Un mondo frantumato

2. Il secolo scorso è stato devastato da due guerre mondiali micidiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran numero di altri conflitti, mentre oggi purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi. Non è facile sapere se il mondo attualmente sia più o meno violento di quanto lo fosse ieri, né se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che caratterizza la nostra epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più assuefatti ad essa.

In ogni caso, questa violenza che si esercita “a pezzi”, in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la devastazione dell’ambiente. A che scopo? La violenza permette di raggiungere obiettivi di valore duraturo? Tutto quello che ottiene non è forse di scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi “signori della guerra”?

La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore dei casi, può portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti.

La Buona Notizia

3. Anche Gesù visse in tempi di violenza. Egli insegnò che il vero campo di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive» (Mc 7,21). Ma il messaggio di Cristo, di fronte a questa realtà, offre la risposta radicalmente positiva: Egli predicò instancabilmente l’amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona e insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici (cfr Mt 5,44) e a porgere l’altra guancia (cfr Mt 5,39). Quando impedì a coloro che accusavano l’adultera di lapidarla (cfr Gv 8,1-11) e quando, la notte prima di morire, disse a Pietro di rimettere la spada nel fodero (cfr Mt 26,52), Gesù tracciò la via della nonviolenza, che ha percorso fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e distrutto l’inimicizia (cfr Ef 2,14-16). Perciò, chi accoglie la Buona Notizia di Gesù, sa riconoscere la violenza che porta in sé e si lascia guarire dalla misericordia di Dio, diventando così a sua volta strumento di riconciliazione, secondo l’esortazione di san Francesco d’Assisi: «La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori».3

Essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza. Essa – come ha affermato il mio predecessore Benedetto XVI – «è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo “di più” viene da Dio».4 Ed egli aggiungeva con grande forza: «La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della “rivoluzione cristiana”».5 Giustamente il vangelo dell’amate i vostri nemici (cfr Lc 6,27) viene considerato «la magna charta della nonviolenza cristiana»: esso non consiste «nell’arrendersi al male […] ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia».6

Più potente della violenza

4. La nonviolenza è talvolta intesa nel senso di resa, disimpegno e passività, ma in realtà non è così. Quando Madre Teresa ricevette il premio Nobel per la Pace nel 1979, dichiarò chiaramente il suo messaggio di nonviolenza attiva: «Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri […] E potremo superare tutto il male che c’è nel mondo».7 Perché la forza delle armi è ingannevole. «Mentre i trafficanti di armi fanno il loro lavoro, ci sono i poveri operatori di pace che soltanto per aiutare una persona, un’altra, un’altra, un’altra, danno la vita»; per questi operatori di pace, Madre Teresa è «un simbolo, un’icona dei nostri tempi».8 Nello scorso mese di settembre ho avuto la grande gioia di proclamarla Santa. Ho elogiato la sua disponibilità verso tutti attraverso «l’accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. […] Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai crimini! – della povertà creata da loro stessi».9 In risposta, la sua missione – e in questo rappresenta migliaia, anzi milioni di persone – è andare incontro alle vittime con generosità e dedizione, toccando e fasciando ogni corpo ferito, guarendo ogni vita spezzata.

La nonviolenza praticata con decisione e coerenza ha prodotto risultati impressionanti. I successi ottenuti dal Mahatma Gandhi e Khan Abdul Ghaffar Khan nella liberazione dell’India, e da Martin Luther King Jr contro la discriminazione razziale non saranno mai dimenticati. Le donne, in particolare, sono spesso leader di nonviolenza, come, ad esempio, Leymah Gbowee e migliaia di donne liberiane, che hanno organizzato incontri di preghiera e protesta nonviolenta (pray-ins) ottenendo negoziati di alto livello per la conclusione della seconda guerra civile in Liberia.

Né possiamo dimenticare il decennio epocale conclusosi con la caduta dei regimi comunisti in Europa. Le comunità cristiane hanno dato il loro contributo con la preghiera insistente e l’azione coraggiosa. Speciale influenza hanno esercitato il ministero e il magistero di san Giovanni Paolo II. Riflettendo sugli avvenimenti del 1989 nell’Enciclica Centesimus annus (1991), il mio predecessore evidenziava che un cambiamento epocale nella vita dei popoli, delle nazioni e degli Stati si realizza «mediante una lotta pacifica, che fa uso delle sole armi della verità e della giustizia».10 Questo percorso di transizione politica verso la pace è stato reso possibile in parte «dall’impegno non violento di uomini che, mentre si sono sempre rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo trovare di volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verità». E concludeva: «Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne ed alla guerra in quelle internazionali».11

La Chiesa si è impegnata per l’attuazione di strategie nonviolente di promozione della pace in molti Paesi, sollecitando persino gli attori più violenti in sforzi per costruire una pace giusta e duratura.

Questo impegno a favore delle vittime dell’ingiustizia e della violenza non è un patrimonio esclusivo della Chiesa Cattolica, ma è proprio di molte tradizioni religiose, per le quali «la compassione e la nonviolenza sono essenziali e indicano la via della vita».12 Lo ribadisco con forza: «Nessuna religione è terrorista».13 La violenza è una profanazione del nome di Dio.14 Non stanchiamoci mai di ripeterlo: «Mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!».15

La radice domestica di una politica nonviolenta

5. Se l’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli uomini, allora è fondamentale percorrere il sentiero della nonviolenza in primo luogo all’interno della famiglia. È una componente di quella gioia dell’amore che ho presentato nello scorso marzo nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, a conclusione di due anni di riflessione da parte della Chiesa sul matrimonio e la famiglia. La famiglia è l’indispensabile crogiolo attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono.16 Dall’interno della famiglia la gioia dell’amore si propaga nel mondo e si irradia in tutta la società.17 D’altronde, un’etica di fraternità e di coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli non può basarsi sulla logica della paura, della violenza e della chiusura, ma sulla responsabilità, sul rispetto e sul dialogo sincero. In questo senso, rivolgo un appello in favore del disarmo, nonché della proibizione e dell’abolizione delle armi nucleari: la deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata non possono fondare questo tipo di etica.18 Con uguale urgenza supplico che si arrestino la violenza domestica e gli abusi su donne e bambini.

Il Giubileo della Misericordia, conclusosi nel novembre scorso, è stato un invito a guardare nelle profondità del nostro cuore e a lasciarvi entrare la misericordia di Dio. L’anno giubilare ci ha fatto prendere coscienza di quanto numerosi e diversi siano le persone e i gruppi sociali che vengono trattati con indifferenza, sono vittime di ingiustizia e subiscono violenza. Essi fanno parte della nostra “famiglia”, sono nostri fratelli e sorelle. Per questo le politiche di nonviolenza devono cominciare tra le mura di casa per poi diffondersi all’intera famiglia umana. «L’esempio di santa Teresa di Gesù Bambino ci invita alla pratica della piccola via dell’amore, a non perdere l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia. Una ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo».19

Il mio invito

6. La costruzione della pace mediante la nonviolenza attiva è elemento necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per limitare l’uso della forza attraverso le norme morali, mediante la sua partecipazione ai lavori delle istituzioni internazionali e grazie al contributo competente di tanti cristiani all’elaborazione della legislazione a tutti i livelli. Gesù stesso ci offre un “manuale” di questa strategia di costruzione della pace nel cosiddetto Discorso della montagna. Le otto Beatitudini (cfr Mt 5,3-10) tracciano il profilo della persona che possiamo definire beata, buona e autentica. Beati i miti – dice Gesù –, i misericordiosi, gli operatori di pace, i puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia.

Questo è anche un programma e una sfida per i leader politici e religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali e i dirigenti delle imprese e dei media di tutto il mondo: applicare le Beatitudini nel modo in cui esercitano le proprie responsabilità. Una sfida a costruire la società, la comunità o l’impresa di cui sono responsabili con lo stile degli operatori di pace; a dare prova di misericordia rifiutando di scartare le persone, danneggiare l’ambiente e voler vincere ad ogni costo. Questo richiede la disponibilità «di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo».20 Operare in questo modo significa scegliere la solidarietà come stile per fare la storia e costruire l’amicizia sociale. La nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero l’unità è più potente e più feconda del conflitto. Tutto nel mondo è intimamente connesso.21 Certo, può accadere che le differenze generino attriti: affrontiamoli in maniera costruttiva e nonviolenta, così che «le tensioni e gli opposti [possano] raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita», conservando «le preziose potenzialità delle polarità in contrasto».22

Assicuro che la Chiesa Cattolica accompagnerà ogni tentativo di costruzione della pace anche attraverso la nonviolenza attiva e creativa. Il 1° gennaio 2017 vede la luce il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, che aiuterà la Chiesa a promuovere in modo sempre più efficace «i beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato» e della sollecitudine verso i migranti, «i bisognosi, gli ammalati e gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma di schiavitù e di tortura».23 Ogni azione in questa direzione, per quanto modesta, contribuisce a costruire un mondo libero dalla violenza, primo passo verso la giustizia e la pace.

In conclusione

7. Come da tradizione, firmo questo Messaggio l’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Maria è la Regina della Pace. Alla nascita di suo Figlio, gli angeli glorificavano Dio e auguravano pace in terra agli uomini e donne di buona volontà (cfr Lc 2,14). Chiediamo alla Vergine di farci da guida.

«Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti e molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla».24 Nel 2017, impegniamoci, con la preghiera e con l’azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e a costruire comunità nonviolente, che si prendono cura della casa comune. «Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace».25

Dal Vaticano, 8 dicembre 2016

FRANCESCO

Pubblichiamo integralmente il messaggio di Natale diffuso da monsignor Oscar Cantoni, vescovo di Como

NATALE: Dio non si stanca!

Ancora una volta, sulla finestra del mondo, per Natale, Dio si ripresenta, si rimette in cammino per venire incontro all’umanità, assetata d’amore. Egli solo può riscaldare il nostro cuore e rispondere alle nostre attese profonde. Dio bussa nuovamente alla porta del cuore: il nostro. Non si stanca di cercarci, né di attendere. È paziente il nostro Dio: ci cerca più di quanto noi lo attendiamo.

Gli apriremo, finalmente, questa volta?

Dio ritorna nel mondo con discrezione, senza far rumore, perché questo è il suo stile, si presenta attraverso la semplicità e la fragilità di un Bambino: è il dono più grande che Egli offre all’umanità.

Il Figlio di Dio entra così nel mondo come luce che illumina le nostre oscurità, agisce con la debolezza dell’amore, con la forza umile della tenerezza: in una modalità tanto diversa dalle mode dei potenti, che affascinano con il luccichìo delle loro promesse altisonanti, che puntualmente evaporano come neve al sole.

A Natale, Dio Padre ci invia di nuovo un Bambino, ci dona il Figlio, nato dalla Vergine Maria, perché noi, feriti d’amore, possiamo finalmente sperimentare l’amore. Senza amore non si vive, non si cresce, senza il nostro amore non permettiamo nemmeno agli altri di vivere e  di crescere.

Lasciamoci, allora, riempire il cuore dal sovrabbondante amore divino con cui colmare le vite dei nostri fratelli, assetati, come noi, di tenerezza, di consolazione, di amicizia e di misericordia.

Rigenerati dall’incontro con il Bambino di Betlemme, pur sempre nella nostra condizione di debolezza, saremo capaci di guardare oltre e vivere diversamente.

Natale è l’occasione per “dare il via” a gesti di novità evangelica, che possono  poi proseguire nei giorni feriali.

Vi invito, perciò, a sprigionare in voi la multiforme “fantasia della carità”, che sa inventare segni concreti rivolti ai più piccoli, ai più soli e abbandonati, diventando così testimoni di quella vita nuova che il Figlio di Dio ha iniziato con la sua presenza in mezzo a noi. Mi permetto di offrirvi solo un esempio: invitate a casa vostra una persona sola per il pranzo di Natale per far sbocciare un’amicizia che poi si tradurrà in gesti di attenzione nei giorni e nei mesi che verranno.

L’umanità attende dai cristiani gesti nuovi (e coraggiosi!) per rendere concreta, visibile e palpabile la bontà di Dio. Egli ha bisogno di noi per rendersi presente nel mondo. È il nostro contributo per rendere più bella la vita di tutti e contribuire a generare una “città affidabile”, restituendo così dignità e speranza.

+ vescovo Oscar

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero!
«Surrexit Christus, spes mea» – «Cristo, mia speranza, è risorto» (Sequenza pasquale).

Giunga a tutti voi la voce esultante della Chiesa, con le parole che l’antico inno pone sulle labbra di Maria Maddalena, la prima ad incontrare Gesù risorto il mattino di Pasqua. Ella corse dagli altri discepoli e, col cuore in gola, annunciò loro: "Ho visto il Signore!" (Gv 20,18). Anche noi, che abbiamo attraversato il deserto della Quaresima e i giorni dolorosi della Passione, oggi diamo spazio al grido di vittoria: "E’ risorto! E’ veramente risorto!".

Ogni cristiano rivive l’esperienza di Maria di Magdala. E’ un incontro che cambia la vita: l’incontro con un Uomo unico, che ci fa sperimentare tutta la bontà e la verità di Dio, che ci libera dal male non in modo superficiale, momentaneo, ma ce ne libera radicalmente, ci guarisce del tutto e ci restituisce la nostra dignità. Ecco perché la Maddalena chiama Gesù "mia speranza": perché è stato Lui a farla rinascere, a donarle un futuro nuovo, un’esistenza buona, libera dal male. "Cristo mia speranza" significa che ogni mio desiderio di bene trova in Lui una possibilità reale: con Lui posso sperare che la mia vita sia buona e sia piena, eterna, perché è Dio stesso che si è fatto vicino fino ad entrare nella nostra umanità.

Ma Maria di Magdala, come gli altri discepoli, ha dovuto vedere Gesù rifiutato dai capi del popolo, catturato, flagellato, condannato a morte e crocifisso. Dev’essere stato insopportabile vedere la Bontà in persona sottoposta alla cattiveria umana, la Verità derisa dalla menzogna, la Misericordia ingiuriata dalla vendetta. Con la morte di Gesù, sembrava fallire la speranza di quanti confidavano in Lui. Ma quella fede non venne mai meno del tutto: soprattutto nel cuore della Vergine Maria, la madre di Gesù, la fiammella è rimasta accesa in modo vivo anche nel buio della notte. La speranza, in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male. Non è soltanto il muro della morte a ostacolarla, ma più ancora sono le punte acuminate dell’invidia e dell’orgoglio, della menzogna e della violenza. Gesù è passato attraverso questo intreccio mortale, per aprirci il passaggio verso il Regno della vita. C’è stato un momento in cui Gesù appariva sconfitto: le tenebre avevano invaso la terra, il silenzio di Dio era totale, la speranza una parola che sembrava ormai vana.

Ed ecco, all’alba del giorno dopo il sabato, il sepolcro viene trovato vuoto. Poi Gesù si mostra alla Maddalena, alle altre donne, ai discepoli. La fede rinasce più viva e più forte che mai, ormai invincibile, perché fondata su un’esperienza decisiva: «Morte e vita si sono affrontate / in un prodigioso duello. / Il Signore della vita era morto, / ma ora, vivo, trionfa». I segni della risurrezione attestano la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della misericordia sulla vendetta: «La tomba del Cristo vivente, / la gloria del Cristo risorto, / e gli angeli suoi testimoni, / il sudario e le sue vesti».

Cari fratelli e sorelle! Se Gesù è risorto, allora – e solo allora – è avvenuto qualcosa di veramente nuovo, che cambia la condizione dell’uomo e del mondo. Allora Lui, Gesù, è qualcuno di cui ci possiamo fidare in modo assoluto, e non soltanto confidare nel suo messaggio, ma proprio in Lui, perché il Risorto non appartiene al passato, ma è presente oggi, vivo. Cristo è speranza e conforto in modo particolare per le comunità cristiane che maggiormente sono provate a causa della fede da discriminazioni e persecuzioni. Ed è presente come forza di speranza mediante la sua Chiesa, vicino ad ogni situazione umana di sofferenza e di ingiustizia.

Cristo Risorto doni speranza al Medio Oriente, affinché tutte le componenti etniche, culturali e religiose di quella Regione collaborino per il bene comune ed il rispetto dei diritti umani. In Siria, in particolare, cessi lo spargimento di sangue e si intraprenda senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione, come è auspicato pure dalla comunità internazionale. I numerosi profughi, provenienti da quel Paese e bisognosi di assistenza umanitaria, trovino l’accoglienza e la solidarietà che possano alleviare le loro penose sofferenze. La vittoria pasquale incoraggi il popolo iracheno a non risparmiare alcuno sforzo per avanzare nel cammino della stabilità e dello sviluppo. In Terra Santa, Israeliani e Palestinesi riprendano con coraggio il processo di pace.

Il Signore, vittorioso sul male e sulla morte, sostenga le comunità cristiane del Continente africano, dia loro speranza per affrontare le difficoltà, le renda operatrici di pace e artefici dello sviluppo delle società a cui appartengono.

Gesù Risorto conforti le popolazioni sofferenti del Corno d’Africa e ne favorisca la riconciliazione; aiuti la Regione dei Grandi Laghi, il Sudan ed il Sud Sudan, donando ai rispettivi abitanti la forza del perdono. Al Mali, che attraversa un delicato momento politico, Cristo Glorioso conceda pace e stabilità. Alla Nigeria, che in questi ultimi tempi è stata teatro di sanguinosi attacchi terroristici, la gioia pasquale infonda le energie necessarie per riprendere a costruire una società pacifica e rispettosa della libertà religiosa di tutti i suoi cittadini.

Buona Pasqua a tutti!

download 1

"Misericordia io voglio e non sacrifici" (Mt 9,13). 

Le opere di misericordia nel cammino giubilare

1. Maria, icona di una Chiesa che evangelizza perché evangelizzata

Nella Bolla d’indizione del Giubileo ho rivolto l’invito affinché «la Quaresima di quest’anno giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio» (Misericordiae Vultus, 17). Con il richiamo all’ascolto della Parola di Dio ed all’iniziativa «24 ore per il Signore» ho voluto sottolineare il primato dell’ascolto orante della Parola, in specie quella profetica. La misericordia di Dio è infatti un annuncio al mondo: ma di tale annuncio ogni cristiano è chiamato a fare esperienza in prima persona. E’ per questo che nel tempo della Quaresima invierò i Missionari della Misericordia perché siano per tutti un segno concreto della vicinanza e del perdono di Dio.

Per aver accolto la Buona Notizia a lei rivolta dall’arcangelo Gabriele, Maria, nel Magnificat, canta profeticamente la misericordia con cui Dio l’ha prescelta. La Vergine di Nazaret, promessa sposa di Giuseppe, diventa così l’icona perfetta della Chiesa che evangelizza perché è stata ed è continuamente evangelizzata per opera dello Spirito Santo, che ha fecondato il suo grembo verginale. Nella tradizione profetica, la misericordia ha infatti strettamente a che fare, già a livello etimologico, proprio con le viscere materne (rahamim) e anche con una bontà generosa, fedele e compassionevole (hesed), che si esercita all’interno delle relazioni coniugali e parentali.

2. L’alleanza di Dio con gli uomini: una storia di misericordia

Il mistero della misericordia divina si svela nel corso della storia dell’alleanza tra Dio e il suo popolo Israele. Dio, infatti, si mostra sempre ricco di misericordia, pronto in ogni circostanza a riversare sul suo popolo una tenerezza e una compassione viscerali, soprattutto nei momenti più drammatici quando l’infedeltà spezza il legame del Patto e l’alleanza richiede di essere ratificata in modo più stabile nella giustizia e nella verità. Siamo qui di fronte ad un vero e proprio dramma d’amore, nel quale Dio gioca il ruolo di padre e di marito tradito, mentre Israele gioca quello di figlio/figlia e di sposa infedeli. Sono proprio le immagini familiari – come nel caso di Osea (cfr Os 1-2) – ad esprimere fino a che punto Dio voglia legarsi al suo popolo.

Questo dramma d’amore raggiunge il suo vertice nel Figlio fatto uomo. In Lui Dio riversa la sua misericordia senza limiti fino al punto da farne la «Misericordia incarnata» (Misericordiae Vultus, 8). In quanto uomo, Gesù di Nazaret è infatti figlio di Israele a tutti gli effetti. E lo è al punto da incarnare quel perfetto ascolto di Dio richiesto ad ogni ebreo dallo Shemà, ancora oggi cuore dell’alleanza di Dio con Israele: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,4-5). Il Figlio di Dio è lo Sposo che fa di tutto per guadagnare l’amore della sua Sposa, alla quale lo lega il suo amore incondizionato che diventa visibile nelle nozze eterne con lei.

Questo è il cuore pulsante del kerygma apostolico, nel quale la misericordia divina ha un posto centrale e fondamentale. Esso è «la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 36), quel primo annuncio che «si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la catechesi» (ibid., 164). La Misericordia allora «esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere» (Misericordiae Vultus, 21), ristabilendo proprio così la relazione con Lui. E in Gesù crocifisso Dio arriva fino a voler raggiungere il peccatore nella sua più estrema lontananza, proprio là dove egli si è perduto ed allontanato da Lui. E questo lo fa nella speranza di poter così finalmente intenerire il cuore indurito della sua Sposa.

3. Le opere di misericordia

La misericordia di Dio trasforma il cuore dell’uomo e gli fa sperimentare un amore fedele e così lo rende a sua volta capace di misericordia. È un miracolo sempre nuovo che la misericordia divina si possa irradiare nella vita di ciascuno di noi, motivandoci all’amore del prossimo e animando quelle che la tradizione della Chiesa chiama le opere di misericordia corporale e spirituale. Esse ci ricordano che la nostra fede si traduce in atti concreti e quotidiani, destinati ad aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spirito e sui quali saremo giudicati: nutrirlo, visitarlo, confortarlo, educarlo. Perciò ho auspicato «che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporali e spirituali. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina» (ibid., 15). Nel povero, infatti, la carne di Cristo «diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga... per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura» (ibid.). Inaudito e scandaloso mistero del prolungarsi nella storia della sofferenza dell’Agnello Innocente, roveto ardente di amore gratuito davanti al quale ci si può come Mosè solo togliere i sandali (cfr Es 3,5); ancor più quando il povero è il fratello o la sorella in Cristo che soffrono a causa della loro fede.

Davanti a questo amore forte come la morte (cfr Ct 8,6), il povero più misero si rivela essere colui che non accetta di riconoscersi tale. Crede di essere ricco, ma è in realtà il più povero tra i poveri. Egli è tale perché schiavo del peccato, che lo spinge ad utilizzare ricchezza e potere non per servire Dio e gli altri, ma per soffocare in sé la profonda consapevolezza di essere anch’egli null’altro che un povero mendicante. E tanto maggiore è il potere e la ricchezza a sua disposizione, tanto maggiore può diventare quest’accecamento menzognero. Esso arriva al punto da neppure voler vedere il povero Lazzaro che mendica alla porta della sua casa (cfr Lc 16,20-21), il quale è figura del Cristo che nei poveri mendica la nostra conversione. Lazzaro è la possibilità di conversione che Dio ci offre e che forse non vediamo. E quest’accecamento si accompagna ad un superbo delirio di onnipotenza, in cui risuona sinistramente quel demoniaco «sarete come Dio» (Gen 3,5) che è la radice di ogni peccato. Tale delirio può assumere anche forme sociali e politiche, come hanno mostrato i totalitarismi del XX secolo, e come mostrano oggi le ideologie del pensiero unico e della tecnoscienza, che pretendono di rendere Dio irrilevante e di ridurre l’uomo a massa da strumentalizzare. E possono attualmente mostrarlo anche le strutture di peccato collegate ad un modello di falso sviluppo fondato sull’idolatria del denaro, che rende indifferenti al destino dei poveri le persone e le società più ricche, che chiudono loro le porte, rifiutandosi persino di vederli.

Per tutti, la Quaresima di questo Anno Giubilare è dunque un tempo favorevole per poter finalmente uscire dalla propria alienazione esistenziale grazie all’ascolto della Parola e alle opere di misericordia. Se mediante quelle corporali tocchiamo la carne del Cristo nei fratelli e sorelle bisognosi di essere nutriti, vestiti, alloggiati, visitati, quelle spirituali – consigliare, insegnare, perdonare, ammonire, pregare – toccano più direttamente il nostro essere peccatori. Le opere corporali e quelle spirituali non vanno perciò mai separate. È infatti proprio toccando nel misero la carne di Gesù crocifisso che il peccatore può ricevere in dono la consapevolezza di essere egli stesso un povero mendicante. Attraverso questa strada anche i “superbi”, i “potenti” e i “ricchi” di cui parla il Magnificat hanno la possibilità di accorgersi di essere immeritatamente amati dal Crocifisso, morto e risorto anche per loro. Solo in questo amore c’è la risposta a quella sete di felicità e di amore infiniti che l’uomo si illude di poter colmare mediante gli idoli del sapere, del potere e del possedere. Ma resta sempre il pericolo che, a causa di una sempre più ermetica chiusura a Cristo, che nel povero continua a bussare alla porta del loro cuore, i superbi, i ricchi ed i potenti finiscano per condannarsi da sé a sprofondare in quell’eterno abisso di solitudine che è l’inferno. Ecco perciò nuovamente risuonare per loro, come per tutti noi, le accorate parole di Abramo: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro» (Lc 16,29). Quest’ascolto operoso ci preparerà nel modo migliore a festeggiare la definitiva vittoria sul peccato e sulla morte dello Sposo ormai risorto, che desidera purificare la sua promessa Sposa, nell’attesa della sua venuta.

Non perdiamo questo tempo di Quaresima favorevole alla conversione! Lo chiediamo per l’intercessione materna della Vergine Maria, che per prima, di fronte alla grandezza della misericordia divina a lei donata gratuitamente, ha riconosciuto la propria piccolezza (cfr Lc 1,48), riconoscendosi come l’umile serva del Signore (cfr Lc 1,38).

Dal Vaticano, 4 ottobre 2015

Festa di San Francesco d’Assisi

Francesco

 

 

Quante cose si possono dire con un presepe!

Dite con un presepe che fate posto a Gesù nelle vostre case: una grotta, Maria, Giuseppe, i pastori, gli angeli e il bambino Gesù. Egli viene per noi. Noi lo accogliamo e lui ci insegna ad accoglierci gli uni gli altri. Così ci ammonisce la parola di Dio nella lettera di san Paolo ai Romani: “ Accoglietevi a vicenda, come anche Cristo accolse noi a gloria di Dio” (Rm 15,7)

Quando un bambino nella sua crescita impara che Natale è un presepe, si predispone a passare dalla fiaba del Natale alla storia vera del Natale, e dalla storia di ieri alla storia di oggi. Gesù viene oggi nella nostra vita.  Quest’accoglienza è il nostro dono più bello!

Dite con un presepe chi è Gesù: il Figlio di Dio, il Verbo incarnato, il Volto della misericordia del Padre. Parlate dell’Incarnazione di Dio: Gesù cambia e salva il mondo. La festa cristiana ha qui il suo grande mistero d’amore: l’Incarnazione rivela i desideri di Dio, il coraggio di Dio, la vicinanza di Dio, il “perdersi” di Dio per trovare l’uomo, la passione di Dio che nella Croce diventerà “passione” visibile per tutti.  Questa è la nostra fede!

Dite con un presepe che ogni lavoro umano è importante perché costruisce vita e relazione. Sono belle le statue dei vari lavoratori e artigiani nei presepi tradizionali. Sarebbero da aggiornare all’oggi, ma il loro messaggio è chiaro: Dio viene dentro il lavoro dell’uomo per rivelarne il senso più profondo, fonte di sussistenza e di realizzazione, spazio di dignità e di sacrificio. Lavorare con buona volontà e soddisfazione, avere lavoro per tutti, con il giusto compenso. Questo è il nostro impegno sociale!

Dite con un presepe che l’uomo non ha bisogno di luci che abbagliano, ma di una piccola luce che illumina il cammino e rischiara la casa. Vi prego: non luci a intermittenza ma stabili! Il bene non sopporta interruzioni del tipo:  “ci sono, non ci sono”, “ci sto, non ci sto più”, “eccomi” e poi “sparisco”. San Giovanni nel prologo del suo Vangelo ci ricorda: “Era la luce vera, che illumina ogni uomo, quella che veniva nel mondo” (Gv 1,9). È luce che non si spegne, esattamente come un desiderio di amore e di pace. Questa luce è il Suo amore per noi, fonte del nostro amore!

Dite con un presepe che abbiamo bisogno di silenzio e di contemplazione, di fermarci per mettere in moto qualcosa di nuovo e d’importante. Abbiamo bisogno di tacere per fare posto a parole vere, alla Parola di salvezza del Signore. Abbiamo bisogno di silenzio per gustare la gioia della vita, per riconoscere con stupore i volti che ci circondano, per trasformare le emozioni in virtù, in scelte coerenti con un cuore che ama. Il presepe ci richiama al silenzio. Una volta appreso, lo ritroveremo, desiderato, entrando in chiesa, e forse impareremo a trattenere le chiacchiere inutili che rendono difficile la preghiera. Questo è il nostro stile!

Dite con un presepe che siamo Chiesa in cammino, come i pastori di Betlemme, popolo di Dio che va nella direzione di Cristo Salvatore, uomini e donne, piccoli e grandi insieme, Chiesa della strada e delle case, dei luoghi dove ci si incontra, dove si lotta, Chiesa della gioia e del dolore condivisi, Chiesa che cammina nel tempo, verso l’eternità! Questa è la nostra speranza!

Dite con un presepe il mistero dell’Emanuele, del “Dio con noi”, e poi vivetelo nella Parola, nell’Eucaristia e nella Missione! Il Giubileo straordinario della misericordia trovi nel presepe un segno che lo richiami, e nel vostro cuore il desiderio di viverlo. Gli angeli cantano: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Noi rispondiamo: “Eterna è la Sua misericordia”.

Buon Avvento, che prepari un Santo Natale!

 

 

Per tutti gli uomini di buona volontà, al di là di razza, religione, politica.

«La pace religiosa, la tolleranza, la collaborazione tra le diverse fedi è un fattore determinante di equilibrio sociale e di sviluppo economico»

«E' un momento tragico per l'Europa e il mondo. Un fanatismo barbaro e disumano ha colpito Parigi, nel cuore del nostro continente e della nostra civiltà. Quella del terrorismo fondamentalista è una minaccia ai valori di libertà, democrazia, solidarietà e convivenza civile. La strategia, folle e lucida allo stesso tempo, dell'estremismo è chiara: cercare di insinuare nella nostra società sentimenti come la paura, la disgregazione, la tentazione di chiudersi, l'odio. E la strage dei ragazzi di Parigi ha posto in modo brutale l'opinione pubblica davanti alla questione, drammatica e cruciale, della violenza a sfondo integralista che mira a cancellare la nostra cultura, la nostra storia, i nostri valori.

Il problema, in realtà, è purtroppo molto più antico. E riguarda strettamente il rispetto, nella comunità internazionale, dei diritti universali dell'uomo, oscurati, oltraggiati negati in tante parti del globo. La persecuzione a carattere religioso, infatti, non è mai a se stante, ma è parte della violazione, feroce e sistematica, delle libertà fondamentali dell'uomo, di cui il diritto a professare, a predicare, persino a cambiare la propria fede religiosa, senza dover subire discriminazioni o addirittura violenze, è elemento fondamentale. La strage di Parigi, sarebbe irragionevole non ammetterlo, è il diretto risultato della predicazione dell'odio contro il diverso e delle persecuzioni che le minoranze religiose e, in particolare, i cristiani, soffrono nel mondo. Certo, non sono solo i cristiani, nelle loro diverse articolazioni, a patire oppressione e soprusi, ma tanti altri gruppi religiosi, culturali ed etnici. Vittime di pregiudizi, di ostilità, di discriminazioni, di vere e proprie violenze, da parte di gruppi terroristici, maggioranze aggressive o di stati e legislazioni totalitari. Ma il fondamentalismo e il radicalismo di matrice islamista, esplosi di recente e alimentati all'interno di vaste regioni dell'Africa e del Medioriente, hanno tragicamente accresciuto le dimensioni di questa vera e propria emergenza planetaria. E spicca, tra tutti, il dato numerico che riguarda le comunità cristiane, in termini assoluti le più perseguitate e con il maggior numero di vittime. Comunità fiorenti, antiche e radicate, abituate alla convivenza, al dialogo e alla pace, sono state completamente cancellate in diverse aree del mondo o ridotte a sparuti gruppi, minacciati e vessati. Cristiani in ogni latitudine decapitati, crocefissi, bmciati vivi, interpellano la coscienza di ogni uomo. Papa Francesco ha lanciato alto il suo grido di dolore, parlando di un martirio enormemente più grave ed esteso di quello dei primi anni del Cristianesimo. E una denuncia che non può lasciare indifferenti. La comunità internazionale, dopo anni di disattenzione e di silenzi, sta finalmente cominciando a prendere coscienza della gravità del fenomeno che è una minaccia non solo alla libertà religiosa dei singoli, ma - come ci insegnano i due attentati di Parigi - alla democrazia e alla convivenza per tutta la comunità internazionale. La pace religiosa, la tolleranza, la collaborazione tra le diverse fedi è, di converso, un fattore determinante di benessere, di equilibrio sociale e di sviluppo economico. Sono appena tornato da un viaggio in oriente, che mi ha portato anche in Indonesia. In quel paese, che sta conoscendo una grande crescita economica e d'influenza politica, vige fin dalla sua fondazione una Costituzione democratica che riconosce l'eguaglianza, il rispetto, la libertà per tutte le religioni. L'Indonesia, con 205 milioni di fedeli musulmani, è il più grande stato del mondo a maggioranza islamica, hi quel paese, il cui modello dovrebbe essere conosciuto e promosso, gli esponenti delle diverse religioni non solo collaborano tra loro, contribuendo allo sviluppo sociale, culturale ed economico dello stato, ma hanno rapporti di vera e fraterna amicizia. I leader delle comunità musulmane che ho incontrato hanno sempre tenuto a sottolineare la natura liberale e moderata dell'islam indonesiano e la ferma condanna dell'estremismo e della violenza religiosa. Nel considerare ogni uomo come figlio di Dio, si riconosce in lui la comune radice e, per questo, diventa portatore di uguali diritti e di pari dignità. 

Sono, questi, princìpi universali, gli unici che possono condurre la comunità internazionale verso un futuro di pace, sviluppo e benessere. Per questo va respinta con decisione la sfida del terrorismo fondamentalista che spesso maschera con pretesti religiosi la sua voglia di dominio e di sopraffazione.

Scendere sul loro terreno, che è quello dello scontro di civiltà o di religione, sarebbe un grave errore, dalle conseguenze difficilmente valutabili. Quella contro il terrorismo fondamentalista - che rappresenta oggi e probabilmente negli anni a venire la più grave minaccia alla pace del mondo - sarà una lotta impegnativa e complessa che va condotta in ogni luogo e senza quartiere non solo con le necessarie azioni di forza e con il rafforzamento della sicurezza, a cui ogni cittadino ha diritto, ma anche con le armi della cultura, del dialogo, del diritto. E con un dispiego d'intelligenza e di lungimiranza che devono essere almeno pari alla indispensabile intransigenza. Molti errori di valutazione sono stati compiuti nel nostro recente passato. Ora non si può più sbagliare.

Roma, 21 novembre 2015»

Anche chi resta a Como può essere turista nella nostra città...

MESSAGGIO AI TURISTI

In qualità di pastore della Chiesa cattolica che è in Como, rivolgo un cordialissimo saluto a tutti voi che avete scelto le nostre città e i vari luoghi della nostra diocesi per trascorrere un periodo di vacanza e di riposo. 

Benvenuti, carissimi turisti e pace a voi!

Il riposo sia il tempo utile per ritemprare il corpo e lo spirito. 

Il riposo sia il tempo privilegiato per riscoprire la bellezza della natura, dell’arte e della storia, di cui il nostro territorio offre una straordinaria ricchezza, passando dal lago di Como alle montagne delle Alpi, ai borghi storici e alle opere artistiche che essi custodiscono. 

Il riposo sia il tempo per far emergere dentro di noi le esigenze più profonde, spesso offuscate da una cultura e da un sistema di vita caratterizzati dalla fretta, dalla frammentazione e dalla distrazione. 

Il riposo sia l’occasione per alimentare anche lo spirito che, spesso, ha fame e sete di Dio. Anche la vicina Expo 2015 di Milano, come sapete, ha messo al centro il tema del “cibo”: nutrire l’umanità del futuro. Possiate trovare in Gesù Cristo il nutrimento per la fame e la sete del cuore!

Carissimi turisti: la nostra Chiesa vi accoglie con semplicità e gioia, e vi offre con umiltà l’opportunità di questo misterioso incontro: l’ascolto della Parola del Vangelo, la celebrazione Eucaristica, la preghiera mariana, la contemplazione delle opere d’arte, l’approccio con la musica sacra, il dialogo, lo scambio di esperienze umane, la conoscenza dei nostri Santuari e dei luoghi di culto, siano occasioni di crescita personale e di ricerca profonda. 

Le nostre comunità cristiane vi augurano di ritornare alle vostre case rinfrancati ed entusiasti di questa nuova esperienza di vita. 

Buona Vacanza!

+ vescovo Diego

 

Dice mons. Coletti nell'incontro con la stampa a pochi giorni dal Natale:
 
«È stupefacente il fatto che Dio ci abbia fatto dono, in modo esagerato, della sua familiarità». È una frase de “L’imitazione di Cristo”, il testo più diffuso, dopo la Bibbia, fra i cristiani d’Occidente. Ed è l’espressione che campeggia nel presepe allestito nella cappella dell’Episcopio di Como.
 
«L’ho scelta – spiega il vescovo monsignor Diego Coletti – perché è in questo orizzonte di “familiarità” che mi auguro possiamo vivere il Santo Natale, in un clima di fraterna consolazione e accogliendoci vicendevolmente, magari imparando a perdonarci, gli uni gli altri, le reciproche mancanze».
 
Tutta l'intervista al nostro Vescovo sulla pagina della Diocesi 

LETTERA D’AVVENTO 2014

Care sorelle e cari fratelli,
vi raggiungo con questa lettera all’inizio del nuovo anno liturgico e pastorale, per svolgere con voi qualche considerazione sul tema delle relazioni di familiarità da vivere nella comunità cristiana e da offrire a tutti coloro che incontriamo nel nostro cammino.

Pagina 3 di 4

Prossimi eventi

Mag
1

01.05.2024
Festa del Lavoro

Mag
1

01.05.2024 18:00 - 21:30
incontro catechesi familiare

Mag
1

01.05.2024 20:45 - 21:45
Rosario alla chiesetta in Valleggio

Mag
2

02.05.2024 15:30 - 18:30
Apertura mostra san Pio

Mag
2

02.05.2024 18:30 - 19:30
adorazione eucaristica con Vespri

Mag
2

02.05.2024 20:45 - 21:45
Rosario con il Vicariato di Como a s. Giorgio

Mag
3

03.05.2024 16:00 - 18:00
Iscrizioni GREST (parrocchiani)

Informazioni veloci

Privacy Policy di https://www.sangiuseppecomo.it
Questa Applicazione raccoglie alcuni Dati Personali dei propri Utenti.
Tipologie di Dati raccolti
Fra i Dati Personali raccolti da questa Applicazione, in modo autonomo o tramite terze parti, ci sono: Cookie e Dati di utilizzo.
Altri Dati Personali raccolti potrebbero essere indicati in altre sezioni di questa privacy policy o mediante testi informativi visualizzati contestualmente alla raccolta dei Dati stessi.
I Dati Personali possono essere inseriti volontariamente dall'Utente, oppure raccolti in modo automatico durante l'uso di questa Applicazione. L'eventuale utilizzo di Cookie – o di altri strumenti di tracciamento – da parte di questa Applicazione o dei titolari dei servizi terzi utilizzati da questa Applicazione, ove non diversamente precisato, ha la finalità di identificare l'Utente e registrare le relative preferenze per finalità strettamente legate all'erogazione del servizio richiesto dall'Utente.
Il mancato conferimento da parte dell'Utente di alcuni Dati Personali potrebbe impedire a questa Applicazione di erogare i propri servizi. L'Utente si assume la responsabilità dei Dati Personali di terzi pubblicati o condivisi mediante questa Applicazione e garantisce di avere il diritto di comunicarli o diffonderli, liberando il Titolare da qualsiasi responsabilità verso terzi.
Modalità e luogo del trattamento dei Dati raccolti
Modalità di trattamento
Il Titolare tratta i Dati Personali degli Utenti adottando le opportune misure di sicurezza volte ad impedire l'accesso, la divulgazione, la modifica o la distruzione non autorizzate dei Dati Personali.
Il trattamento viene effettuato mediante strumenti informatici e/o telematici, con modalità organizzative e con logiche strettamente correlate alle finalità indicate. Oltre al Titolare, in alcuni casi, potrebbero avere accesso ai Dati categorie di incaricati coinvolti nell'organizzazione del sito (personale amministrativo, commerciale, marketing, legali, amministratori di sistema) ovvero soggetti esterni (come fornitori di servizi tecnici terzi, corrieri postali, hosting provider, società informatiche, agenzie di comunicazione) nominati anche, se necessario, Responsabili del Trattamento da parte del Titolare. L'elenco aggiornato dei Responsabili potrà sempre essere richiesto al Titolare del Trattamento.
Luogo
I Dati sono trattati presso le sedi operative del Titolare ed in ogni altro luogo in cui le parti coinvolte nel trattamento siano localizzate. Per ulteriori informazioni, contatta il Titolare.
Tempi
I Dati sono trattati per il tempo necessario allo svolgimento del servizio richiesto dall'Utente, o richiesto dalle finalità descritte in questo documento, e l'Utente può sempre chiedere l'interruzione del Trattamento o la cancellazione dei Dati.
Finalità del Trattamento dei Dati raccolti
I Dati dell'Utente sono raccolti per consentire al Titolare di fornire i propri servizi, così come per le seguenti finalità: Visualizzazione di contenuti da piattaforme esterne, Statistica e Interazione con social network e piattaforme esterne.
Le tipologie di Dati Personali utilizzati per ciascuna finalità sono indicati nelle sezioni specifiche di questo documento.
Dettagli sul trattamento dei Dati Personali
I Dati Personali sono raccolti per le seguenti finalità ed utilizzando i seguenti servizi: Interazione con piattaforme esterne, contatto via email
Statistica
Visualizzazione di contenuti da piattaforme esterne Ulteriori informazioni sul trattamento Difesa in giudizio I Dati Personali dell'Utente possono essere utilizzati per la difesa da parte del Titolare in giudizio o nelle fasi propedeutiche alla sua eventuale instaurazione, da abusi nell'utilizzo della stessa o dei servizi connessi da parte dell'Utente. L'Utente dichiara di essere consapevole che il Titolare potrebbe essere richiesto di rivelare i Dati su richiesta delle pubbliche autorità.
Informative specifiche
Su richiesta dell'Utente, in aggiunta alle informazioni contenute in questa privacy policy, questa Applicazione potrebbe fornire all'Utente delle informative aggiuntive e contestuali riguardanti servizi specifici, o la raccolta ed il trattamento di Dati Personali.
Log di sistema e manutenzione
Per necessità legate al funzionamento ed alla manutenzione, questa Applicazione e gli eventuali servizi terzi da essa utilizzati potrebbero raccogliere Log di sistema, ossia file che registrano le interazioni e che possono contenere anche Dati Personali, quali l'indirizzo IP Utente.
Informazioni non contenute in questa policy
Maggiori informazioni in relazione al trattamento dei Dati Personali potranno essere richieste in qualsiasi momento al Titolare del Trattamento utilizzando le informazioni di contatto.
Esercizio dei diritti da parte degli Utenti
I soggetti cui si riferiscono i Dati Personali hanno il diritto in qualunque momento di ottenere la conferma dell'esistenza o meno degli stessi presso http://www. sangiuseppecomo.it, di conoscerne il contenuto e l'origine, di verificarne l'esattezza o chiederne l'integrazione, la cancellazione, l'aggiornamento, la rettifica, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei Dati Personali trattati in violazione di legge, nonché di opporsi in ogni caso, per motivi legittimi, al loro trattamento. Le richieste vanno rivolte al Titolare del Trattamento. Questa Applicazione non supporta le richieste "Do Not Track". Per conoscere se gli eventuali servizi di terze parti utilizzati le supportano, consulta le loro privacy policy.
Modifiche a questa privacy policy
http://www. sangiuseppecomo.it si riserva il diritto di apportare modifiche alla presente privacy policy in qualunque momento dandone pubblicità agli Utenti su questa pagina. Si prega dunque di consultare spesso questa pagina, prendendo come riferimento la data di ultima modifica indicata in fondo. Nel caso di mancata accettazione delle modifiche apportate alla presente privacy policy, l'Utente è tenuto a cessare l'utilizzo di questa Applicazione e può richiedere al Titolare del Trattamento di rimuovere i propri Dati Personali. Salvo quanto diversamente specificato, la precedente privacy policy continuerà ad applicarsi ai Dati Personali sino a quel momento raccolti.
Informazioni su questa privacy policy
sangiuseppecomo.it è responsabile per questa privacy policy.
Questa informativa privacy riguarda esclusivamente questa Applicazione.